A cento anni dalla fondazione del PCd'I: l'Emilia e la Romagna rosse hanno rappresentato un punto nevralgico dell'intera storia del movimento comunista italiano del secolo scorso.
Che questa terra oggi, sotto la bandiera della rinascita del movimento comunista, diventi ingranaggio per la vittoria!

   

02.02.2021 - Comunicato n. 6 del Comitato di Partito "Fratelli Cervi"

 

A cento anni dalla fondazione del PCd'I: l'Emilia e la Romagna rosse hanno rappresentato un punto nevralgico dell'intera storia del movimento comunista italiano del secolo scorso.

Che questa terra oggi, sotto la bandiera della rinascita del movimento comunista, diventi ingranaggio per la vittoria!


La storia del primo movimento comunista italiano parla, nel bene e nel male, anche emiliano romagnolo: basti pensare al Biennio Rosso nelle campagne modenesi e reggiane, alle "ardite" barricate di Parma e al banditismo fascista che proprio in questa regione ha preso corpo, alla lotta clandestina del PCd'I cui questa terra ha contribuito largamente (le federazioni dell'Emilia Romagna costituivano un quinto del totale degli iscritti con la federazione di Forlì seconda dopo Torino per grandezza), alla direzione vittoriosa della Resistenza sull'Appennino, in pianura, nella "bassa" verso il Po e nelle città.

Una storia gloriosa trascinata nella sconfitta a seguito dell'opera nefasta dei revisionisti moderni: a causa dell'incapacità della sinistra del vecchio PCI (tra cui anche Teresa Noce, deceduta il 22 gennaio 1980 proprio a Bologna) di elaborare una linea adeguata alla costruzione della rivoluzione socialista nel nostro paese, il vecchio PCI stesso è finito per essere succube della direzione revisionista di Togliatti, Longo e Berlinguer.

Una corrosione, questa dei revisionisti moderni, che ha colpito e minato l'immenso tessuto di Case del Popolo e cooperative, spina dorsale dell'organizzazione (e del lavoro) operaia e popolare ma che nonostante tutto non è riuscita ad intaccare il busto di Lenin a Cavriago (RE), monumento che attesta la profondità delle radici "rosse" di questa terra.

Anche la lotta degli anni '70 trova nell'Emilia un comune denominatore: in un borgo dell'Appennino reggiano (a Costaferrata), prende vita il secondo tentativo principale di ricostruzione di un Partito Comunista rivoluzionario (dopo quello legato ai gruppi marxisti-leninisti in particolare del PCd'I Nuova Unità), le Brigate Rosse, la cui esperienza naufragata nel militarismo e nella sconfitta ha però dimostrato quanto la rivoluzione socialista non scoppi ma sia una guerra che va condotta con la Concezione Comunista del Mondo e sotto la guida di uno Stato Maggiore, il Partito Comunista.

Insegnamenti che il (nuovo) PCI ha fatto propri per ricostruire il movimento comunista nel nostro paese.

Bologna è anche il luogo della "svolta della Bolognina" del 1991 ma "Occhetto non è che l'esecutore testamentario del fallimento del progetto di conciliazione tra le classi e di subordinazione della classe operaia alla borghesia portato avanti dai revisionisti moderni" (dal Manifesto Programma del (nuovo) PCI, pag. 151).

Una storia, quella del primo PCI e del movimento comunista italiano in generale, oggettivamene e strettamente legata all'Emilia Romagna, una bandiera che oggi dobbiamo tenere alta imparando sia dalle vittorie che dai limiti e dalle sconfitte, andando oltre la mera celebrazione: il bilancio scientifico del passato è chiave per costruire il futuro.

Esiste uno spesso filo rosso che ci unisce a quanto ci ha preceduto e per questa ragione riproponiamo un estratto dal Comunicato CC 2/2021 - 21 gennaio 2021 (un comunicato che invitiamo caldamente a diffondere e a discutere) al fine di sviluppare un salutare dibattito all'interno del movimento comunista che rinasce qui e nel resto del paese, a partire dal che fare e da quale partito serve per portare a compimento quest'opera:

"A noi comunisti interessano principalmente gli insegnamenti che ricaviamo dalla storia del primo PCI: essi sono indispensabili ai fini della lotta che conduciamo per instaurare il socialismo nel nostro paese e contribuire alla rinascita del movimento comunista nel mondo, in particolare nei paesi imperialisti. Il primo paese imperialista che romperà le catene della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti UE, USA e sionisti, mostrerà la strada e aprirà la via anche alle masse popolari degli altri paesi imperialisti e neocoloniali!

L'insegnamento principale che ricaviamo dal processo storico avvenuto in Italia e negli altri paesi imperialisti è che qui il movimento comunista e i partiti che erano alla sua testa nel corso della prima ondata della rivoluzione proletaria (1917-1976) non hanno mai avuto una comprensione del corso delle cose all'altezza del loro compito: per questo non hanno guidato le masse popolari ad approfittare della prima crisi generale del sistema capitalista, che essi interpretarono come successione di crisi cicliche, fino a instaurare il socialismo. Già nei primi anni '20 Lenin aveva detto chiaramente che i partiti comunisti dei paesi europei sorti dai vecchi partiti socialisti avevano solo "una sfumatura di colore rivoluzionario" e che (parte finale del suo discorso al IV Congresso dell'IC) la loro trasformazione in partiti realmente rivoluzionari avrebbe richiesto uno sforzo particolare da parte dei loro dirigenti.

Anche Antonio Gramsci nel 1923, quando il Comitato Esecutivo dell'Internazionale Comunista gli affidò la direzione della sua sezione italiana (il PCdI che sotto la direzione di Amadeo Bordiga aveva subito la combinazione della Monarchia sabauda con il Fascismo di Benito Mussolini concretizzatasi nella Marcia su Roma - ottobre 1922), aveva ben chiare le ragioni della sconfitta subita: la direzione del Partito non si basava sulla scienza delle attività con le quali gli uomini fanno la loro storia, allora il marxismo-leninismo. Avendo assimilato la lezione che Gramsci continuò ad applicare anche negli anni del carcere in cui stese i Quaderni, il nuovo PCI pone la Riforma Intellettuale e Morale, l'apprendimento e l'assimilazione del marxismo-leninismo-maoismo, come condizione indispensabile a chi si candida a diventare membro del Partito.

Le ragioni per cui il primo PCI non raggiunse il successo nel suo ruolo - mobilitare e organizzare le masse popolari italiane a fare dell'Italia un paese socialista - sono un'eredità preziosa che noi riceviamo dal primo PCI: sta a noi scoprirle e impararle, assimilarle e applicarle con iniziativa, creatività e dedizione alla causa. Già la sconfitta subita con l'imprigionamento nel 1926 del suo massimo dirigente, Antonio Gramsci, a seguito della quale la direzione del PCI passò nelle mani dei futuri revisionisti moderni (Togliatti e simili), non fu una fatalità: derivò dai limiti del primo PCI nella comprensione delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta di classe che avevano impedito di prevenire l'attacco del fascismo mussoliniano e della monarchia sabauda. Da questa lezione abbiamo derivato la clandestinità del Partito che abbiamo fondato il 3 ottobre del 2004. Il cedimento agli imperialisti angloamericani, al Vaticano e alla DC di De Gasperi dopo la vittoria del 1945 della Resistenza fu il risultato dei limiti nella comprensione della natura della crisi per sovrapproduzione assoluta di capitale, del regime di controrivoluzione preventiva e della forma che la rivoluzione socialista deve assumere nei paesi imperialisti, la guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata: la lotta per creare le condizioni per la costituzione del Governo di Blocco Popolare che conduciamo dal 2008 è il risultato della lezione che abbiamo tratto dal cedimento degli anni 1945-1948, dall'esaurimento del movimento dei Consigli di Fabbrica e dalla sconfitta delle Organizzazioni Comuniste Combattenti (in particolare delle Brigate Rosse) degli anni '70. [...]

Mettersi alla testa della resistenza che spontaneamente le masse popolari in ordine sparso oppongono agli effetti più gravi e immediati della sopravvivenza del capitalismo e della sua estensione nel mondo (globalizzazione, mondializzazione) e sviluppare questa resistenza fino a farla diventare la forza rivoluzionaria che pone fine alla direzione della borghesia imperialista: ecco il compito del movimento comunista cosciente e organizzato e dei partiti comunisti che ne sono la parte più avanzata.

Questo è il compito che il nuovo PCI deve svolgere e svolge in Italia. Elevare la nostra capacità di svolgerlo è il fine che diamo alle celebrazione del Centenario del primo PCI"


La comprensione delle ragioni reali per cui il primo PCI non ha instaurato il socialismo nel corso della prima crisi generale del capitalismo, rende la storia del primo PCI una fonte di sicurezza della nostra vittoria!

Rafforziamo il (nuovo) PCI e facciamo avanzare la rivoluzione socialista in corso

al fine di fare dell'Italia un nuovo paese socialista!

Costituire Comitati di Partito in ogni azienda, scuola, istituzione pubblica e in ogni territorio!

Comitato "Fratelli Cervi"

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Inviare alla Delegazione <delegazione.npci@riseup.net> e al CdP "Fratelli Cervi" <baserossa@mailo.com> l'indirizzo email di conoscenti e di organismi a cui è utile ricevere i Comunicati del Partito

Mettersi in contatto con il Centro del Partito (usando il programma di criptazione PGP e il programma per la navigazione anonima TOR) e cimentarsi sotto la sua guida nella costruzione di un Comitato di Partito clandestino nella propria azienda, scuola o zona d'abitazione!

www.nuovopci.it


Riprodurre e affiggere ovunque, con le dovute cautele, la locandina di pag. 84 di La Voce 66 è un'operazione di guerra: vedere che il (n)PCI clandestino è presente infonde fiducia nei lavoratori e smorza l'arroganza dei padroni!